di Ndongo Diop e
Giuseppe Cecconi
edizioni Giovane
Africa Edizioni
Passando tra gli orrori della seconda guerra mondiale e gli attuali sbarchi
di clandestini sulle coste di Lampedusa si arriva a parlare di un luogo che ha
significato dolore per milioni di esseri umani. L'isola di Gorée è stata per tre
secoli il centro di partenza degli schiavi portati via dall'Africa: c'era
addirittura un edificio adibito alla compravendita degli esseri umani da
spedire nelle piantagioni dell'America. Chi si ammalava o faceva resistenza
veniva soppresso. Nel 1978 l'Unesco ha dichiarato Gorée Patrimonio
dell'Umanità. Da tutto il mondo migliaia di persone vi si recano ogni anno in
pellegrinaggio. A fine libro troviamo un brevissimo e piacevolissimo saggio di
Maurizio Tuci sull'invenzione della musica moderna da parte dei popoli
deportati nel Nuovo Mondo
Nel mare ci sono
i coccodrilli
di Fabio Geda
edizioni B.C. Dalai
Editore
Se nasci in
Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che,
anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare
a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando
per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e
tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco perché quando bussano alla
porta corri a nasconderti. Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che
tua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che
dovete fare un viaggio. Ti accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli,
ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo.Da
questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta
di Enaiatollah Akbari e l’incredibile viaggio che lo porterà in Italia
passando per l’Iran, la Turchia e la Grecia. Un’odissea che lo ha messo in
contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini, e che, nonostante
tutto, non è riuscita a fargli perdere l’ironia né a cancellargli dal volto il
suo formidabile sorriso. Enaiatollah ha infine trovato un posto dove
fermarsi e avere la sua età. Questa è la sua storia
Il mio nome è
Giustizia
di Paul Kenyon
Justice ama giocare a calcio, tifa per il Manchester e vive in Ghana. Ha
solo quattordici anni quando lascia il villaggio dove è cresciuto per trovare
un po’ di quella giustizia che porta nel nome. Non sa dove è diretto. Non lo sa
quando salta su una carovana del deserto, puntando al confine algerino. Non lo
sa quando attraversa lo spietato deserto del Niger, costellato dalle ossa dei
tanti che non ce l’hanno fatta. Né quando apre un varco nel muro nella
terribile prigione di Qatrun, per tirare fuori i suoi amici rinchiusi come
clandestini. Anche in Libia, dove il suo tempo si fa attesa, dove viene
arrestato e torturato, non gli è chiaro dove sta andando. E non lo diventa
quando, insieme a decine di altre persone, viene stipato su una barca. Né quando
i mercanti di uomini lo abbandonano in mezzo al mare. Dopo giorni e notti
trascorsi attaccati alle reti per i tonni, qualcuno finalmente si decide a
soccorrere chi è sopravvissuto, e dice: «Là si prenderanno cura di voi. È
un’isola italiana». Ma neanche allora Justice sa dove è diretto. È partito per
il suo viaggio verso la Terra Promessa, ma dove sia questa terra, non lo sa.
Il viaggio di Justice è durato quattro anni, tanti ce sono voluti per
attraversare un continente, per fare a piedi o con mezzi di fortuna le migliaia
di chilometri che lo separavano dalla speranza di una vita migliore. Non è che
un ragazzo, con la saggezza di chi ha vissuto mille anni. Ha conosciuto la
paura e la speranza, la fame e il freddo, la solidarietà e la solitudine,
l’innocenza e la violenza. Ma il suo viaggio, come quello di milioni di ragazzi
come lui, non è ancora finito.Un’odissea indimenticabile e di stringente
attualità, che avvince e commuove con la forza implacabile della verità.
Io sono nessuno
di Wainer Molteni
Dalai editore
Storia di un clochard alla riscossa
Wainer Molteni nasce a Marsiglia nei primi anni Settanta e cresce a Mombello, un paesino della Brianza. Studia a Milano, a Pisa e negli Stati Uniti. Si fa un nome come dj e suona nelle discoteche di mezza Europa. Diventa direttore del personale di una catena di supermercati, perde il lavoro, occupa una villa disabitata vicino a La Spezia. Si trova per strada, cade, si rialza e riprende a camminare.
Wainer Molteni non avrebbe mai immaginato che un giorno
sarebbe finito a dormire su un cartone. È successo. Non conosceva il
significato della parola «fame». Lo ha scoperto. Non credeva si potesse vivere
senza soldi e documenti. Lo ha fatto.
Dopo un’infanzia normale − sempre che «normale» significhi
qualcosa − si è ritrovato per strada. Il caso, il destino, il dna. Fatto sta
che ci è rimasto per otto anni. Dalle notti in discoteca alle code nelle mense,
dal master in criminologia nella sede dell’Fbi a Quantico, in Virginia, al
dormitorio pubblico di via Maggianico a Milano, dal «riso oro e zafferano» di
Gualtiero Marchesi alla nascita di «Clochard alla riscossa», il primo sindacato
dei senzacasa.
Io sono nessuno racconta la sua odissea. Potrebbe essere
quella di ciascuno di noi.
Obronì
Cosa succede a Diana quando parte improvvisamente per il Ghana, sulle
tracce del proprio padre morto in un incidente, e incontra tutto il mistero
delle tradizioni, della magia e dei rituali di un'Africa che va scomparendo?
Dentro un romanzo dalla struttura sorprendente, dentro un affresco palpitante
di voci di uomini e...di spiriti, con un andamento in crescendo degno del
miglior thriller, Diana vive l'allegro e tragico shock della scoperta
dell'Africa magica e animista, e della potenziale debolezza della nostra
razionalità quando è portata fuori dal proprio contesto occidentale.