Si aggrava in Zimbabwe la crisi post elettorale apertasi all'indomani del voto del 29 marzo. La sconfitta del presidente in carica Robert Mugabe, o almeno il fatto che né lui né il leader dell'opposizione Morgan Tvangirai abbiano vinto le presidenziali al primo turno, è confermata dal persistente rifiuto della Commissione elettorale di annunciare il nome del vincitore: un rifiuto ora legittimato dalla Corte Suprema che ha ordinato il riconteggio delle schede in 23 circoscrizioni in seguito alle richieste del partito di governo, lo Zanu-Pf, il quale ha ritorto contro l'Mdc, il Movimento per il cambiamento democratico guidato da Tvangirai, le accuse di brogli elettorali.
Il nuovo scrutinio è iniziato il 19 aprile dopo il fallimento dello sciopero generale indetto dall'Mdc per protesta contro la sentenza della Corte: la popolazione dello Zimbabwe è troppo sfinita di stenti e troppo impaurita per scendere in piazza, tutti sanno che Mugabe è pronto a tutto e non perdona. Secondo il segretario generale dell'Mdc, Tendai Biti, dal 29 marzo dieci militanti dell'opposizione sono stati uccisi dai sostenitori del presidente e circa 500 sono stati arrestati e si trovano tuttora in carcere. Può essere l'inizio di una repressione cruenta.
Lo stesso Tsvangirai, arrestato più volte nel corso degli anni, ha scelto prudentemente di rimanere in Sud Africa dove si era recato nei giorni scorsi per conferire con presidente sudafricano Thabo Mbeki, mediatore ufficiale nella crisi politica zimbabwana, e non è l'unico ad aver lasciato il paese temendo per la propria incolumità: sembra che almeno 3.000 famiglie di oppositori abbiano già scelto l'esilio volontario. È certo che le notizie dal mondo non incoraggiano gli zimbabwani alla rivolta. Il vertice straordinario della Sadc, l'organismo economico che riunisce gli stati africani australi, si è concluso con un'inutile esortazione alle autorità di Harare a pubblicare al più presto i risultati elettorali e a rispettare la volontà popolare e con l'invito a Mbeki a proseguire l'opera di mediazione nonostante che l'Mdc ne abbia chiesto la sostituzione non ritenendolo imparziale dopo la sua dichiarazione che quello in corso nell'ex Rhodesia sarebbe un normale processo post elettorale.
Ancora più deludente è la posizione dell'Unione Africana, che ancora non ha preso iniziative concrete, né si può dire le Nazioni Unite abbiano fatto di meglio. Il caso Zimbabwe infatti non era in agenda neppure alla riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza aperta ai leader africani, svoltasi il 17 aprile, dove a sollevare la questione sono stati, come sempre, Stati Uniti e Gran Bretagna. Quanto all'Unione Europea, il suo ambiguo atteggiamento nei confronti di Mugabe si è rivelato in occasione del vertice euro-africano svoltosi a Lisbona lo scorso dicembre quando, malgrado le proteste britanniche, lo ha invitato e accolto con onore violando le proprie stesse risoluzioni che vietano al leader di soggiornare nei paesi membri dell'UE: risoluzioni che furono decise dopo i brogli elettorali che alle elezioni generali del 2002 gli attribuirono la vittoria.
Mentre procede il riconteggio che, opportunamente manipolato, potrebbe attribuire la vittoria al governo, una nave cinese è intanto approdata al porto sudafricano di Durban, carica di armi e munizioni destinate al Ministro della difesa di Harare. Pechino è da tempo il maggior fornitore di armi dello Zimbawe, così come di altri regimi africani, dal Sudan all'Eritrea. Ma il carico in questione non fa parte del traffico d'armi ordinario tra i due paesi. Quelle trasportate sono armi leggere, adatte alle operazioni anti sommossa e l'ordine di spedizione è datato 1° aprile, tre giorni dopo l'inizio della crisi politica.
Per questo il Sud Africa, che in un primo tempo aveva affermato di non volerne impedire il trasporto attraverso il proprio territorio trattandosi di un normale carico commerciale, ha negato il permesso transito e d'altra parte nel frattempo gli scaricatori del porto avevano rifiutato di scaricare la nave. Dopo quattro giorni di attesa, quindi, il cargo ha lasciato Durban. Al momento non si sa dove sia diretto, forse verso un porto del Mozambico.
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