Lontano dall'essere risolto, il dramma dei bambini soldato è una realtà ancora grave e radicata: oggi decine di migliaia di baby-mercenari sono impiegati nei gruppi armati di 24 Stati e territori. E le bambine sono le più penalizzate. A ricordarlo è il rapporto 2008 della Coalizione Stop all'uso dei bambini soldato, che all'Italia chiede di cancellare la dichiarazione di riserva sull'arruolamento volontario nell'esercito a 17 anni.
Strategie e norme ancora inadeguate
Non è possibile fornire il numero esatto dei bambini soldato, ma le cifre diffuse un anno fa alla conferenza intergovernativa di Parigi ('Free children from war') parlano di almeno 250.000, il 40 per cento dei quali costituito da bambine. Il dato è un aggiornamento della stima dei 300.000 bambini soldato emersa dieci anni prima; la riduzione è stata determinata dal fatto che circa 50.000 baby soldati hanno preso parte ai programmi di disarmo, smobilitazione e riabilitazione (Ddr). Tuttavia, i numeri sono in costante variazione ed è impossibile determinare l'esatto numero dei piccoli coinvolti nei conflitti. "L'impegno della comunità internazionale nel porre fine a questo dramma non può essere messo in dubbio", ha commentato Fosca Nomis, portavoce della Coalizione italiana, "tuttavia questo sforzo non ha prodotto i risultati attesi: leggi, politiche e prassi devono tradursi in cambiamenti concreti, affinché non accada mai più che dei minori siano coinvolti in guerre e conflitti armati". Con oltre 400 pagine su leggi, politiche e prassi in materia di reclutamento militare in 190 Paesi del mondo, il rapporto documenta la persistenza dell'impiego in ostilità dei bambini soldato da parte di eserciti governativi e, soprattutto, di gruppi armati irregolari. Negli ultimi quattro anni non sono mancati progressi e miglioramenti di questa situazione. Per esempio, il numero di guerre che hanno visto l'impiego di bambini soldato è passato da 27 nel 2004 a 17 alla fine del 2007. Inoltre, decine di migliaia di bambini sono stati rilasciati da eserciti e gruppi armati mano mano che i conflitti in corso finivano. Anche il dato relativo ai governi è solo lievemente migliorato: sono nove i Paesi che nel corso di guerre e ostilità hanno impiegato nei propri eserciti dei minori, a fronte dei dieci documentati dall'edizione 2004 del rapporto globale. "I pochi progressi registrati sono da collegare in gran parte alla fine dei conflitti", ha spiegato la portavoce della Coalizione che raggruppa le associazioni Alisei, Amnesty Italia, Cocis, Coopi, Focsiv, Intersos, Save the Children Italia, Telefono Azzurro, Terre des Hommes Italia e Unicef Italia. "Laddove invece le guerre scoppiano o riacquistano intensità", ha aggiunto, "rileviamo che l'impiego di bambini soldato continua. E' evidente che le attuali strategie per prevenire o porre fine al loro reclutamento non hanno avuto l'impatto previsto e, se vogliamo ottenere risultati significativi, bisogna che la questione diventi di competenza non solo di chi si occupa di tutela dei diritti dei minori ma anche di coloro che si occupano di prevenzione, risoluzione dei conflitti e peace-building".
Le responsabilità dei governi
La Birmania si conferma il Paese che da più tempo e su più ampia scala impiega bambini soldato. Le sue truppe governative, coinvolte in operazioni anti-sommossa contro i gruppi armati etnici, ancora utilizzano migliaia di bambini, alcuni dei quali di 11
anni. E minori vengono impiegati anche dalle forze governative in Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Uganda e Yemen. Minori palestinesi sono stati impiegati come scudi umani dall'esercito di Israele e soldati inglesi di meno di 18 anni sono stati inviati in Iraq fino a metà del 2005. Ma il mancato rispetto da parte dei governi degli obblighi internazionali non finisce qui. In almeno 14 nazioni, minori sono stati reclutati in truppe di supporto all'esercito regolare, o in gruppi di civili per sostenere operazioni anti-sommossa, o ancora in milizie illegali o gruppi armati fiancheggiatori degli eserciti nazionali. Frequente anche il ricorso ai minori come spie o informatori da parte di molti eserciti governativi. Soldati a tutti gli effetti, i minori
associati a gruppi armati vengono trattati come criminali quando entrano nelle prigoni governative.
La detenzione
Il rapporto documenta di bambini anche di 9 anni imprigionati in Burundi, maltrattati o torturati in Israele o Stati Uniti, accusati di diserzione e portati in prigione in Birmania o nella Repubblica democratica del Congo, minori dell'Afghanistan detenuti a Guantanamo. Secondo il rapporto globale, minori sono stati arruolati in gruppi armati non governativi in 24 Paesi e territori fra il 2004 e il 2007. Bambini e bambine anche di 12 anni esposti al rischio di essere abusati o feriti, di morire e subire traumi psicologici permanenti. In Afghanistan, Iraq, Territori Occupati e Pakistan, adolescenti sono stati impiegati in attacchi suicidi. "I gruppi armati rappresentano la sfida maggiore", hanno sottolineato dalla coalizione italiana, "le leggi internazionali hanno avuto un impatto limitato nel dissuadere l'uso di bambini soldato da parte di gruppi armati. Molti di questi non attribuiscono alcun valore agli standard internazionali e il bisogno di accrescere e rafforzare i propri contingenti prevale su ogni altra considerazione.
I programmi di disarmo, un successo limitato
Per prevenire o porre fine all'arruolamento dei bambini soldato sia nelle milizie irregolari che governative, sono stati avviati i programmi di Disarmo, smobilitazione e reinserimento (Ddr). Un'iniziativa cruciale di cui -sottolinea il rapporto globale- bisogna però registrare ancora un limitato impatto. Tali programmi scontano spesso la mancanza di finanziamenti per il supporto di lungo periodo agli ex bambini soldato. Nella Repubblica Democratica del Congo, per esempio, a causa dei ritardi nella destinazione dei fondi insieme a una scarsa pianificazione e cattiva gestione dei programmi, 14.000 ex bambini soldato non hanno potuto usufruire e beneficiare di questa opportunità.
Invisibili
Ulteriormente penalizzate risultano le bambine. La loro presenza negli eserciti e gruppi amati è nota sin dagli anni Novanta: sia nel ruolo di combattenti che con compiti di supporto alle truppe, spesso ridotte al rango di schiave, vittime di abusi e violenze sessuali e costrette a fare da mogli ai combattenti. La maggior parte delle bambine soldato non viene identificata e registrata nei programmi ufficiali di smobilitazione a cui si stima riescano ad accedere una percentuale compresa tra l'8 e il 15%. In Liberia, dove i programmi di Ddr si sono conclusi nel 2004, solo 3.000 delle 11.000 bambine soldato associate a forze armate, risultano registrate nei programmi ufficiali di disarmo, smobilitazione e reinserimento. La conseguenza è che in Liberia come in altri Paesi, migliaia di ragazze sono tornate nelle comunità e famiglie di origine in modo informale e autonomamente, con il loro carico di problemi sanitari, psicologici, economici, spesso con dei figli e senza trovare adeguato supporto ma pregiudizi e ostilità.
Arruolamento sotto i 18 anni
Almeno 63 governi, compresi quelli britannico e statunitense, consentono ancora l'arruolamento volontario di minorenni in tempo di pace, nonostante la maggiore età sia fissata a 18 anni in gran parte del mondo. "I progressi raggiunti grazie all'adeguamento agli standard internazionali che proibiscono l'utilizzo di minori nelle ostilità, vengono annullati dal persistente arruolamento di under 18 negli eserciti, in tempo di pace", ha affermato Nomis, "il paradosso è che questi minorenni vengono considerati troppo giovani per votare o assumere alcool, ma non per entrare nell'esercito ed essere sottoposti alla dura disciplina militare".
L'Italia può fare di più
Nel 2002 l'Italia ha ratificato il Protocollo opzionale, che stabilisce il divieto di reclutare minori negli eserciti, e dal 2004, con la legge 226, ha stabilito a 18 anni l'età minima per l'arruolamento volontario. Tuttavia finora non è mai stata ritirata la dichiarazione di riserva fatta in occasione della ratifica del Protocollo opzionale, sull'arruolamento volontario di ragazzi di 17 anni. "Seppure ormai per legge questo non sia più permesso, auspichiamo che quell'affermazione venga comunque smentita". Il 2012 segnerà il decimo anniversario dell'entrata in vigore del trattato internazionale sui bambini soldato. "Abbiamo quattro anni per far sì che l'impegno formale assunto sia dal nostro paese che dalla comunità internazionale di porre fine all'utilizzo dei bambini soldato nei conflitti armati, si traduca in risultati concreti".
Attività e identikit della coalizione
Le associazioni della coalizione sono impegnate anche nella realizzazione sul campo di programmi rivolti a bambini e adolescenti che vivono nei contesti di conflitto e post- conflitto. A titolo di esempio, Coopi da diversi anni opera in situazioni di intervento umanitario, sviluppando e implementando azioni a favore dei bambini usciti da forze e gruppi armati e di bambine vittime di violenza sessuale in contesti di guerra. Dopo una lunga esperienza in Sierra Leone, dal 2003, la ong sta lavorando nella Repubblica Democratica del Congo, in particolare nell'Est del Paese, gestendo, attraverso partner locali, centri e programmi in cui è promosso un percorso socio-educativo e di re-integrazione comunitario e familiare. Intersos porta sostegno alle popolazioni che devono fronteggiare situazioni di emergenza, in cui frequentemente sono coinvolti bambini soldato. Nell'ambito dei programmi di "Child and Youth protection" sia in campi rifugiati che fuori, in particolare nel Darfur occidentale, Ciad e Somalia, Intersos realizza attività di prevenzione e sostegno a chi è già stato coinvolto in problematiche del genere. Save the Children in Uganda (nei distretti di Gulu, Pader, e Lira) contribuisce alla realizzazione di programmi di prevenzione dell'arruolamento precoce e di riabilitazione e reinserimento sociale di ex bambini soldato, mentre nella Repubblica Democratica del Congo orientale (nord e sud di Kivu) realizza un programma di apprendimento rapido rivolto ai bambini più grandi e alle ragazze madri che hanno dovuto rinunciare all'istruzione a causa del conflitto. Terre des hommes realizza progetti di protezione dei bambini di strada e in conflitto con la legge, contrasto del traffico di esseri umani
e dell'abbandono scolastico. In particolare, a Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) tramite il progetto Scuola multicarte garantisce istruzione gratuita per bambini di strada, tra i quali ex bambini soldato. L'Unicef interviene con programmi di protezione contro abusi e violenze, prevenendo l'arruolamento forzato di minori e operando per la smobilitazione dei bambini soldato, in particolare in Burundi, Afghanistan, Costa d'Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Colombia, Sri Lanka, Uganda, Liberia, Sierra Leone e Angola.
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